lunedì 1 agosto 2011

VITA NUOVA

 di Carlo Menzinger


Anche quell’estate a Firenze faceva un gran caldo. Quella conca in cui la città è adagiata assai di rado lascia, infatti, che il vento penetri e dia ai suoi abitanti un po’ di ristoro nei giorni d'estate.
Lapa, la figlia di Chiarissimo Cialuffi, stava attraversando il Ponte alla Carraia sul nuovo pavimento in legno che era stato ricostruito in fretta, dopo che  l’alluvione, quella primavera, l’aveva travolto e distrutto. Sudava copiosamente in quegli abiti troppo lunghi per la stagione, ma cercava di non darlo a vedere. La seguiva svogliatamente un ragazzino di circa nove anni. Era figlio di suo marito e della precedente moglie, Donna Bella, morta quattro anni prima, nel 1270. Oltre il fiume si vedeva Ponte Vecchio, anch’esso ricostruito dopo un’altra delle disastrose piene dell’Arno, quella del 1117.
Lapa teneva per mano il figlio Francesco, mentre una serva reggeva in braccio la figlia Tana.
Attraversato il Ponte alla Carraia, il gruppetto si diresse verso la Torre dei Foraboschi.
Fu proprio là sotto che, attraverso la piazza, vennero loro incontro una donna con una bambina.
Erano la figlia di Folco Portinari e una domestica che prestava servizio nella loro casa. La piccola aveva più o meno la stessa età del ragazzino che si trascinava dietro Lapa.
Il bambino la vide e rimase per qualche secondo a fissarla a bocca aperta, mentre s’incrociavano. Era una splendida figliola e il suo aspetto lo colpì all’istante. Aveva, pensò, un’aria così gentile e così…onesta. Quell’aggettivo era forse un po’ strano per descrivere una bambina, ma al figliastro di Lapa parve proprio quello giusto.
La giovane Portinari s’accorse di essere fissata da quel ragazzino dall’aria inebetita. Non era affatto bello, notò, con quel naso aquilino, che prometteva di crescere ancora, e quegli occhi incavati. Con quella bocca spalancata, poi, pareva ancor più brutto. Lo guardò con gli occhi bassi, cercando di non farsi notare.
Anche se erano coetanei, lei sembrava molto più grande. Le bambine crescono prima dei maschi, si sa.
La ragazzina sollevò lo sguardo, fino a quel momento così pudicamente trattenuto, e lo fissò un istante e, senza farsi notare dalla donna che l’accompagnava, gli fece una pernacchia silenziosa, strabuzzando gli occhi e arricciando il naso. Per finire tirò fuori una bella fetta di lingua.
Il ragazzino passò in un istante dall’ammirazione per quella figuretta aggraziata, all’odio verso quella bambina scostumata.
- Chi era quella bambina? – chiese alla matrigna, quando si furono allontanati.
- Chi? Quella che passava? Credo fosse la figliola di Folco Portinari. Si chiama, se non erro, Beatrice.
- Bleah, Beatrice! – fece di rimando il figliastro – che nome orrendo! É proprio una bambina antipatica. La chiamerò “Bleahtrice”!
- Ah, ah! – rise la donna – Non dirlo troppo forte, Dante. Magari tra qualche anno potresti innamorarti di lei!
- Non certo in questa vita – rispose il bambino. Ci pensò un attimo e poi aggiunse: - e neanche in una vita nuova.

Storia e divergenza
Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265 e morì a Ravenna il 14 settembre 1321. É stato un poeta, uno scrittore ed un politico. Tra le sue opere si ricordano la “Vita Nuova”, ispirato alla figura di Beatrice e la “Divina Commedia”, opera divisa in tre parti (Inferno, Purgatorio e Paradiso), in cui la terza vede come personaggio principale Beatrice.
Si dice che Dante incontrò per la prima volta Beatrice Portinari all’età di nove anni. Da quel primo e unico incontro nacque l’idealizzazione di questa donna.
Se l’incontro si fosse svolto in modo diverso, probabilmente la Divina Commedia sarebbe stata diversa e forse la Vita Nuova non sarebbe mai stata scritta.

Racconto tratto da “Ucronie per il terzo millennio” – Edizioni Liberodiscrivere

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