di Carlo Bordoni
Carlo Peroni, classe 1929, in arte Perogatt, è un disegnatore eclettico. Uno di quelli che nascono con la matita in mano, che sanno fare di tutto. Adattarsi ad ogni bisogna, realizzare qualsiasi personaggio venga loro richiesto. Sono i veri, grandi disegnatori di ogni tempo. Perché chi ha il dono del segno (anche se Peroni sostiene che fumettisti si diventa) è in grado di applicarlo ad ogni soggetto, ad ogni stile.
Dalla realizzazione di tavole per Topolino, Tiramolla, fino ai Flintstones (gli Antenati), a quelle insospettabili, coperte da comprensibile riserbo, come il ben noto pulcino Calimero della pubblicità televisiva, alla cui creazione Peroni collaborò quando lavorava allo studio dei fratelli Pagot. Oppure il sodalizio con Jacovitti (particolare inedito), per il quale lavorò all’animazione di Cocco Bill.
Del grande Jack sapeva fare tutto (salami compresi) e avrebbe potuto continuarne le imprese, se avesse voluto. Molte le caratteristiche che li accomunano: oltre ai grossi nasi, il gusto per il nonsense demenziale (si veda “Slurp”, ad esempio) e l’horror vacui: quella specialissima esigenza di riempire ogni spazio vuoto della pagina di particolari, di oggetti desueti, di cose assurde, di personaggi occasionali che non fanno parte della storia, che sono ininfluenti, eppure contribuiscono – con la loro presenza – a dare un senso. A creare un’atmosfera, a far sorridere. A ben guardare sollevano un velo su una realtà straordinaria, sul mondo affollato della fantasia. Una visione d’estrema complessità, propria dell’immaginazione umana, che il segno puntuale, nitido, particolareggiato e intelligente di Peroni, come quello di Jacovitti, ci fa percepire solo in parte. Perché il resto prospera solo dentro il loro cervello e ci è concesso di goderne solo a sprazzi e in piccole frazioni. Per gentile concessione.
Ma Peroni è un timido, non ama mettersi in mostra. Da anni si è ritirato in quel di Guanzate (fuori dal caos di Milano, dice, ma per andare da lui, bisogna superare un’intricata rete di autostrade e tangenziali) a continuare il suo lavoro di artigiano della matita, coadiuvato dal figlio Paolo.
Sessant’anni di carriera, una miriade di personaggi, creati e allevati come figli, molti dei quali hanno fatto il giro del mondo e sono conosciuti con nomi diversi, come il tedesco Sonny, che corrisponde al nostrano Gianconiglio. Alcuni personaggi resteranno per sempre nella memoria dei bambini che siamo stati: Nerofumo, lo zio Boris, Mondolumaca, Gervasio, Spugna e molti altri: la nostra finestra sul fantastico quando ancora non c’erano la tv e tantomeno il computer.
La lunga sequenza di soddisfazioni è stata interrotta nel 2008, quando si è visto licenziare in tronco da “Il Giornalino”, assieme ad altri suoi colleghi, con l’assurda motivazione che “non sa disegnare”! Non se n’era accorto nessuno, visto che aveva lavorato alla testata delle edizioni Paoline per una vita, avendo iniziato nel lontano 1948. Ma Carlo Peroni non se la prende. A ottantadue anni suonati sarebbe ora di appendere la matita al chiodo, come si dice. Invece non demorde.
Smanetta sul computer come un ragazzino della “digital generation”, inventa storie e cesella tavole a colori con lo stesso entusiasmo di sempre. È evidente che la creatività non fa invecchiare. Auguri, Carlo, di ancora un lungo e divertente lavoro.
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