mercoledì 2 novembre 2011

ALTERAZIONI DEL PAESAGGIO

di Walter Catalano

Soprattutto la notte il rumore intermittente dei cingoli sull’asfalto risvegliava un sapore acido di lacrime e ferite. I tank di ronda intorno al campo sovrintendevano al riposo, orchestrando il succedersi di sonno e di veglia, così come di giorno arbitravano l’accesso all’acqua e alle strade.
Nabil si riscosse sulla branda fra le lenzuola sudate: gli avevano interrotto un bel sogno. Con mano sicura lanciava una molotov contro il carro armato che gli veniva incontro mitragliando, mentre il carrista appollaiato sulla torretta si immergeva nell’abitacolo cercando di chiudere la botola in tempo. L’ordigno centrava lo spiraglio e rimbalzava all’interno. Uno scoppio e le fiamme erompevano dalle feritoie d’areazione con le urla roche degli arrostiti.
Il rombo del tank si perse nella notte ma Nabil era ormai sveglio. Tornò a pensare agli olivi centenari nell’orto della casa della sua infanzia e a come il bulldozer li aveva sradicati uno dopo l’altro. Non volevano essere strappati via quegli olivi e resistevano con le radici secolari abbarbicate alla terra: dovettero schiantarli a fatica e coprirono con cicatrici di zolle le ferite profonde e nere che sfiguravano il suolo. Lui aveva sette anni ma non pianse. Anche se c’era rimasta solo una spianata di cemento laggiù al posto dell’orto e della casa, il nonno continuava a tornarci spesso prima che arrivassero i coloni. Si sedevano sul cemento, lui e il nonno, e pensavano agli olivi senza dire una parola, per ore. Poi eressero reticolati di filo spinato e sentinelle coi fucili sparavano a chiunque si avvicinasse e molte altre spianate di cemento pavimentarono i nuovi insediamenti. Ma oltre il filo spinato, sotto il cemento e sotto le zolle – nella polvere di alberi, case e uomini cancellati - quelle ferite restavano spalancate in eterno come bocche urlanti.
In lontananza si udì un suono lontano di raffiche, grida, pianti, ancora raffiche. Non era stato un drone: i droni non facevano rumore. Nabil fremette ricordando altre identiche raffiche, pensando a come la pietra, inutile e patetica, era scivolata di mano a suo fratello, a come anche lui era caduto, sradicato come un olivo giovane, al cingolo del tank che gli era passato sopra per cancellarlo a sua volta, per ridurlo a quella stessa poltiglia di alberi, case e uomini, facile da nascondere e dimenticare sotto il cemento e le zolle, oltre il filo spinato.
Si alzò dalla branda, dette un’ultima occhiata al nonno e alla sorella ancora addormentati, poi uscì a cercare delle bottiglie e una tanica di benzina.

(à suivre...)

Nessun commento: