mercoledì 2 novembre 2011

AUTOCIDIO COLPOSO

di Renato Pestriniero

Quando si trattava di discutere su questioni organizzative, il capo li convocava tutti e cinque. Era successo solo una volta che il capo si era chiuso nel suo ufficio con soltanto uno di loro, e quel giorno nessuno se l’era dimenticato perché Salò era riapparso con la faccia color calce e gli occhi che sembravano non vedere, se n’era andato dritto verso la porta d’uscita lasciando che si chiudesse da sola alle sue spalle, e da quel momento nessuno l’aveva più visto.
Adesso, quella scena era scoppiata nella mente di Sirio nell’istante in cui la Lory gli aveva
detto di accomodarsi. La conferma che la faccenda era veramente grave l’ebbe quando la ragazza chiuse la porta appena lui aveva varcato la soglia con il suo passo un po’ claudicante. Il capo se ne stava seduto dietro la scrivania di noce tutta intagliata a boccoli in quella sua strana posizione, la gamba destra piegata sotto la coscia sinistra e il piede che spuntava fuori in modo così innaturale da sembrare quello di un estraneo nascosto chissà come. Il capo guardò Sirio con l’espressione dei momentacci mentre la Lory si sistemava in piedi al suo fianco come da protocollo.
«Mettiti là.» Disse il capo indicando a Sirio una delle due sedie dall’altra parte della scrivania, poi si alzò sfilando il piede da sotto la coscia, si avvicinò alla parete, premette un pulsante, uno schermo scese dal soffitto. Quindi fece cenno alla Lory di spegnere la luce. Sullo schermo apparve un’immagine. Sirio riconobbe subito la consegna fatta la settimana prima a Civita di Bagnoregio, la Lory l’aveva scattata da uno dei vicoli di quel paese fantasma che portano alla piazza San Donato. L’immagine era incorniciata artisticamente dal buio del vicolo e mostrava, nella zona in luce, la casa sul lato opposto della piazza. Al centro, dinanzi alla gradinata della chiesa, si vedevano in prospettiva le antiche colonne tronche. Accanto alla prima colonna a destra guardando la facciata della chiesa, c’era lui che parlava con una coppia di balordi. Sirio ricordava che la Lory, nella sua solita veste di bionda turista, l’aveva ripreso nel momento in cui aveva consegnato la roba ai due.
Guardò il capo con aria perplessa.
«Be’?» fece il capo indicando lo schermo con il grosso indice stretto dall’anello barocco, «Quel tizio che sta laggiù, chi è? Hai forse deciso di prendere tuo fratello come gorilla?»
Sirio strinse gli occhi. All’altezza dell’ultima colonna a sinistra, quasi sull’angolo della casa di fronte, un uomo stava fotografando quanto rimaneva della chiesa di San Donato. Accanto a lui una donna si guardava intorno. La distanza rendeva le due figure appena distinguibili. «Ma quale gorilla! Se non me lo dai tu, io mica ho la possibilità di pagarmelo.» Il capo attese qualche secondo fissando Sirio, quindi fece passare un’altra immagine. Era un particolare ingrandito della precedente dove i due turisti apparivano più distinguibili, sebbene il volto dell’uomo fosse semicoperto dalla fotocamera.
«Allora,» disse il capo con tono paurosamente piatto, «Chi è quell’uomo?»

(à suivre...)

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